Il linguaggio dei neonati è prettamente sensoriale: hanno bisogno di contatto, gli piace essere contenuti, non vedono che ombre e luci, hanno bisogno di essere nutriti, ma non sanno come procurarsi il cibo, in tre parole: hanno bisogno di noi.
Per uscire dall’iniziale straniamento bisogna semplicemente acquisire questo ultimo concetto e farsi una ragione del fatto che quel cucciolo è il nostro.
Le mamme sono il punto di riferimento di un neonato per tradizione e i papà lo sono diventati più recentemente per conquista di un ruolo tanto spesso negato, insieme diventano famiglia e instaurano un legame più naturale di quanto siamo portati a credere.
Le necessità di un neonato si riassumono facilmente in tre parole, nutrimento, calore, protezione, e in due persone i suoi genitori.
Portare il proprio bebè in fascia è la scelta di essere genitori in maniera genuina, senza troppe sovrastrutture, accogliendo il dono della nascita in maniera naturale.
Tenuto addosso in fascia, anche per molte ore del giorno, un bebè si sente al sicuro e libero di lasciarsi andare al sonno, sa che il suo richiamo verrà subito udito e che il bisogno che esprime sarà soddisfatto in un tempo breve.
La fascia consente anche di approcciarsi al mondo esterno attraverso un filtro positivo. Tirata fin sulla testolina durante la nanna, la fascia, attutisce il rumore del mondo e, al risveglio, rende disponibile come prima immagine il volto amico di chi sta portando il bebè, alla distanza giusta per essere visto in maniera ben delineata.
Con il portare si costruisce un rapporto basato sulla “fiducia primaria”(Gennatiempo), che mostra al bambino la disponibilità della persona che lo porta nei suoi confronti, una risposta affettiva positiva che non genera dipendenza, ma crea sicurezza. L'osservazione comparata di bambini portati e non mostra come i primi siano più esigenti inizialmente, ma più sicuri, curiosi, socievoli ed esplorativi in seguito.
Da un punto di vista strettamente fisiologico si riconosce nel bambino una naturale predisposizione all'essere portato in fascia: alcuni riflessi (palmare, Babinski), raccontano della memoria filogenetica, che riconosce la necessità di aggrapparsi alla madre; la forma ad “O” delle gambe e la divaricazione flessa sono funzionali alla posizione che assumono quando vengono fatti aderire al corpo della madre per essere portati; la forma della colonna vertebrale è descritta inizialmente da una cifosi completa e viene perfettamente vestita e contenuta dal tessuto della fascia.
Man mano che il bebè cresce con le legature e le posizioni si asseconda la sua evoluzione fisica e psicologica passando a modi di portare meno simbiotici e più aperti al sociale, per questo motivo le consulenti della Scuola del portare propongono un approccio basato su un cammino in più tappe da fare con i genitori che si accostano all'utilizzo della fascia: una “strada che ha un cuore” da percorrere insieme costantemente in ascolto delle reciproche esigenze.
Per avere informazioni e consulenze sul Portare in fascia, contattatemi: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Eliana